Il tribunale del “Sigillo”, del “Malefizio”e dell'”Unicorno”: un viaggio nell’antica giustizia patavina

A quei tempi non era sicuramente consigliabile non seguire le regole. Il palazzo che custodisce l’Antico Mercato Coperto del Sotto il Salone, il Palazzo della Ragione, era infatti l’antica sede dei tribunali cittadini, dove contraffazioni alimentari e reati simili erano infatti severamente puniti.

Del resto la vocazione mercantile della città, sin dall’epoca medievale, esigeva comportamenti corretti e determinate condotte per salvaguardare le attività commerciali che potevano garantire l’indipendenza e la prosperità della città.

Oltre ad ospitare i tribunali e gli uffici finanziari, il Palazzo sin da subito aveva il compito di custodire anche le scritture pubbliche, consultabili democraticamente dalla cittadinanza.  All’interno avevano sede due tribunali: il Sigillo e del Malefizio. Il primo di questi era una specie di corte d’appello dove il Podestà esercitava il suo potere decisionale e dall’alto del suo soglio venivano svolte le cause maggiori.

Il secondo tribunale, quello appunto del Malefizio, si trovava esattamente nell’altro lato della parete, e si occupava dei reati di sangue o comunque quelli più gravi contro la proprietà. Nella grande sala centrale erano collocati i diversi tribunali: nell’angolo sud-est nel lato meridionale si trovava ad esempio il tribunale del Malefizio fuori, forse per i reati minori, vicino al tribunale dell’Aquila: quest’ultimo aveva il compito di occuparsi delle questioni relative ai tributi comunali e in generale agli affari finanziari, provvedendo alle esecuzioni personali come l’incarceramento o il pignoramento nei confronti dei debitori del Comune.

Poi si trovava l’Ufficio delle Vettovaglie, per giudicare tutte le controversie riguardanti la mancata immissione di merci da parte delle terre del contado nei confronti del mercato cittadino o, al contrario, per punire i reati di contrabbando per evitare l’esportazione clandestina di merci. Quindi tutto il perimetro era scandito dai vari tribunali fino ad un totale di dodici.

L’ultimo, l’Ufficio dell’Unicorno, un tribunale criminale “maleficio de extra”, che si occupava delle cause criminali dei rurali e di tutti gli abitanti del contado all’interno del distretto padovano.

Al centro della sala spiccava poi tra le quattro colonne policrome il lapis vituperii, la Pietra del Vituperio, che rimase nei secoli come testimonianza delle pene inflitte ai colpevoli ed espiate sotto gli occhi di tutti i cittadini. Il debitore, secondo uno statuto del 1216, dichiaratosi fallito, doveva umiliarsi davanti alla cittadinanza deponendo le vesti e rimanendo solo con la camicia e le mutande; a questo punto doveva infliggersi dei colpi sulle natiche proprio contro questo sedile sotto gli occhi di almeno cento persone dicendo cedobonis ovvero: “svendo tutti i miei beni”.

Dopo l’atto di penitenza, il colpevole veniva espulso dalla città. Insomma: nella Padova medievale la tolleranza stava davvero a zero.